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IL PANE DELL’AIA DEL TUFO.
Tradizione vuole che ogni venerdì all’Aia del Tufo si cuoce il pane nel forno a legna, tuttavia questo è solo l’ultimo passaggio di un lungo ciclo. Infatti la nostra azienda agricola biologica cura l’intero iter del pane, la semina e la raccolta del grano e del farro, la molitura della farine nel piccolo molino dalle macine in pietra e il rinfresco settimanale della pasta madre. Da qualche anno coltiviamo antiche qualità di grani autoctoni, dai bizzarri nomi quali abbondanza, autonomia, acciaio, inallettabile. Certo, la quantità del raccolto è minore rispetto alle varietà distribuite dal mercato, ma la qualità dei grani antichi risulta nettamente superiore. Dal 2013 siamo inoltre divenuti coltivatori custodi della regione Toscana, riproducendo 4 tipi di grano tenero autoctoni: Autonomia A e B, Gentil Rosso e Frassineto. Un coltivatore custode possiede solo pochi chilogrammi di seme, perciò quest’anno torneremo a una romantica mietitura a mano. La farina prodotta dalle nostre varietà è classificata di tipo 2, la quale oltre a contenere l’intero germe del grano presenta anche una parte di crusca. I suoi effetti positivi sulla salute sono ormai provati, tanto che associandola a un’alimentazione sana e povera di proteine animali rosse determina il benessere globale della persona. Purtroppo la medicina convenzionale non intende ammettere la centralità di una corretta alimentazione nel prevenire malattie e vivere bene. La farina di grano tenero, con l’aggiunta di un 20% di farina di farro viene impastata insieme alla pasta madre, anche detta pasta acida. Essa viene ottenuta da un impasto di farina e acqua, dove la presenza di lieviti e batteri naturali ne avviano la fermentazione. Il lievito madre viene poi conservato e rinfrescato per essere pronto al prossimo utilizzo. Il nostro pane segue una lenta lievitazione ad una temperatura di circa 20 gradi e successivamente una seconda lievitazione una volta suddiviso in pagnotte. A questo punto si accende il forno, costruito anticamente da un artigiano locale utilizzando il nenfro estratto dalla cava di Castell’Ottieri, materiale utilizzato già dagli antichi Etruschi. Fatte bruciare le fascine si procede con la spazzatura del forno con una scopa di ginestre. Le braci vengono poi separate in modo che non ardano direttamente sul pane infornato. A questo punto non resta che attendere un’ora, avendo cura di aprire e chiudere lo sportello del forno a tempo dovuto. Se verrete a mangiare all’Aia del Tufo di venerdì a pranzo avvertirete subito il profumo del pane caldo volteggiare nell’aria, così intenso da deliziare il vostro pasto con sapori d’altri tempi.

di Luca Federici

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